La recensione del concerto dei CCCP Fedeli alla linea, ormai ufficialmente riuniti dopo le prime prove generali a Berlino, il 23 maggio 2024 al Carroponte di Sesto San Giovanni.
Chi l’avrebbe detto un anno fa, quando è partita la mostra a Reggio Emilia per i 40 anni dall’esordio dei CCCP Fedeli alla linea, che quello che sembrava solo un ricordo del passato si sarebbe trasformato in una sorta di resurrezione della punk band filo-sovietica reggiana?
Soprattutto chi l’avrebbe detto considerando che fino ad una decina di anni fa i due genitori della band, nata fortuitamente a Berlino nei primi anni ottanta, manco più si guardavano in faccia.
Ma il tempo è galantuomo e, come diceva Ferretti in una delle ultime canzoni marchiate CSI, “ciò che deve accadere, accade”. E quindi Giovanni Lindo ricuce con l’ex sodale Massimo Zamboni e per l’occasione rimette insieme parte della banda, per la verità solo la componente istrionica e più spettacolare, ovvero Fatur (artista del popolo) e Annarella (benemerita soubrette), e dopo il tris di concerti berlinesi dall’accoglienza trionfale, parte per una tournee che il 23 maggio, come seconda data, ha toccato il Carroponte di Milano.
L’occasione è quella di aprire la 18esima edizione del MiAmi, la tre giorni di musica italiana di scena come sempre al Circolo Magnolia, zona idroscalo, evento che in effetti deve il suo titolo ad una delle primissime composizioni della band (Mi Ami?!). Insomma, l’edizione del conseguimento della maggiore età, come riportava il sottotitolo del primo album inciso per la Virgin nel lontano 1986.
Con queste premesse, non avendo mai visto i CCCP dal vivo ma solo le incarnazioni successive degli anni 90, non sapevo bene che cosa aspettarmi, avendo molti pregiudizi (sarà un “concerto karaoke”? il pubblico sarà solo composto di anziani? reggeranno sul palco più di un’ora?) e qualche legittima speranza.
Prima notazione: il prezzo dei biglietti (al botteghino 60 euro secchi) mi ha fatto pensare ad una pelosa Operazione Nostalgia. Errore: le due ore e passa di concerto, un flusso continuo senza una parola fuori strofa del vate Ferretti è tutt’altro che una triste riproposizione dei classici della band. Innanzitutto perché il pubblico è molto eterogeneo; qualche anziano, certo, ma anche tanti che sono nati quando ormai la band era sciolta. E poi sul palco non ci sono solo i quattro CCCP residui, ma anche alcuni eccellenti turnisti (tre in particolare, Simone Filippi, Luca Rossi ed Ezio Bonicelli- rispettivamente batteria, basso e violino, arrivano niente meno che dagli Ustmamò, la punk-folk band prodotta proprio da Ferretti nei primi anni 90). E quindi ecco che quei brani molto asciutti e sintetici su disco, arrangiati con strumentazione come la batteria elettronica, si trasformano e diventano dei brani più complessi e completi. Fa un certo effetto risentire Fedeli alla linea con la batteria vera di Filippi e il violino punteggiare qua e là brani come Madre. Quindi, più che di operazione Nostalgia parlerei di Operazione Restauro. Operazione che ha mandato il pubblico in visibilio, specie durante alcuni brani più ruspanti del gruppo, come Spara Juri (record di pogo sotto il palco) oppure la punk-da-balera Battagliero (questa sì, urlata dal pubblico che manco ad un concerto di Pezzali).
Insomma, una versione dei CCCP di lusso rispetto ai tempi in cui il basso era suonato da Negri e la batteria veniva sostituita dalle drum machine di Ignazio Orlando (già, ma loro che fine hanno fatto?), ma che qualche dubbio sulla liceità dell’operazione la fa venire. Però in fondo al concerto, quando parte Annarella in acustico con solo i 4 CCCP “doc” sul palco, viene forse da dire ‘fanculo i dubbi, ‘fanculo anche i 60 euro, che alla fine Ferretti ha sempre detto che del comunismo est europeo inseguiva non tanto i contenuti, quanto l’estetica: l’operazione restauro ci riesce comunque a far battere forte il cuore.
NB: dal minuto 13 della puntata di Jack del 24 maggio 2024 su Radio Popolare è possibile ascoltare la mia audiorecensione.